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Visione del Film “Il Giovane Favoloso” – Istituto Tecnico Economico Turismo S. Freud

Il giorno venerdì 7 novembre 2014, tutti gli studenti delle classi 3^ A,  4^ A e 5^ A della Scuola Paritaria S. Freud a indirizzo Tecnico Economico Turismo hanno partecipato alla visione del film “Il giovane favoloso”, regia di Mario Martone,  presso l’Anteo –  SpazioCinema di via Milazzo 9 , Milano.

Di seguito la recensione del film e della giornata ad opera degli studenti della classe III A Turismo.
“Il 7 novembre 2014, la mia classe, con la 4a e la 5a della sezione turismo, è andata a vedere il film ‘’ Il giovane favoloso’’. L’uscita didattica è bella: per noi alunni è sempre entusiasmante, è fare didattica in altro modo!
Dopo l’appello, usciamo dalla scuola e cincischiamo a scegliere quale ingresso alla metropolitana prendere: la nostra scuola è contornata da tre stazioni: Piazzale Loreto, Piazza Piola, e Lambrate… alla fine, all’unanimità, viene scelta Lambrate.
Via di corsa, a passo veloce, tra una risata e l’altra saliamo sul convoglio. Un gruppo entra dalla porta centrale della carrozza, l’altro – con le insegnanti che spingono per far entrare tutti – dalla porta alla nostra destra. Finalmente si chiudono le porte! E tutti in salamoia, si parte.
Durante il tragitto, tutti schiacciati come sardine, ci parliamo ad alta voce. Gli altri viaggiatori sono partecipi delle nostre comunicazioni a distanza; ripetono, come se fossero l’eco, i messaggi delle nostre professoresse.
“Ragazzi, si scende alla fermata di Moscova.” dicono le nostre insegnanti, e gli altri riportano l’informazione: “Ragazzi, dovete scendere a Moscova, avete capito”?
Insomma una grande confusione in quella carrozza!
Finalmente arriviamo al cinema, e le nostre insegnanti vanno a fare i biglietti…noi, durante il tragitto le abbiamo stordite perchè avremmo voluto fermarci a prendere un caffè, alcuni di noi non hanno fatto neanche colazione.
Accanto al cinema c’è un bel barettino, e noi via tutti dentro a fare colazione. Rifocillati per bene torniamo verso la sala 200 dove proiettano il film. E che dire? Non siamo i primi, la sala è quasi tutta piena, il caffè ci ha penalizzati!
Piuttosto che sedere in posti sparsi qua e là della sala, abbiamo preferito le prime file. Con il naso all’insù e con probabilità di cervicale infiammata, abbiamo applaudito l’inizio del film.

Gli attori sono molto bravi, la scenografia è molto bella; l’artista che interpreta Leopardi è stato ben scelto. Tra l’altro è notevole la sua somiglianza col volto di Leopardi che si vede sui nostri testi scolastici.
In tutto il film sono non pochi i momenti in cui Leopardi recita le sue opere, con interpretazioni rese ancor più suggestive dai panorami che fanno da sfondo alle scene del film.
Siamo molto colpiti nel constatare quanto bigotta fosse la realtà in cui è vissuto: con un padre come Monaldo (interpretato magnificamente) che lo voleva a tutti i costi…) far diventare un prete molto istruito, e con una madre che in nessuna inquadratura del film ha accennato mai a un sorriso… poveretto, è anche poco quello che gli è capitato. A capo.
Il suo pessimismo si manifesta subito, in giovane età, mano a mano che la sua “detenzione” a Recanati si allunga.
Certo, in quella biblioteca e con l’attenzione morbosa che il padre Monaldo aveva nei suoi confronti, Giacomo non poteva né avrebbe mai potuto scrivere o pensare in modo allegro.
L’ interpretazione fatta dall’attore nel film è stata malinconica e dolce a tal punto che abbiamo provato molta tenerezza nei confronti di quel ragazzo, sfortunato “per natura” e “per famiglia”.
Se avesse avuto una famiglia diversa, più flessibile, le sue opere sarebbero sicuramente state molto più allegre, o non sarebbe passato alla storia per il suo pessimismo.
La mancanza di esperienza con le donne, con le istituzioni e con i salotti bene del periodo, lo hanno reso un estraneo: un solitario. E quando, nel film, non gli assegnano un premio letterario, la sua disperazione è grandissima soprattutto per non essere riuscito a farsi comprendere. Ai letterati che lo accusano di essere autore di scritti melanconici, opere del suo pessimismo, Leopardi urla tutta la sua rabbia: i suoi lavori non dipendono dalle sue condizioni di salute; in un mondo in cui tutti sono infelici non si può pretendere la felicità.
Nel film non si dice come Leopardi riesca a fuggire da Recanati; ma anche cambiando ambiente, sarà comunque deriso per le sue idee per niente rivoluzionarie e per il suo corpo sempre più storto e curvo in avanti.

Anche la sua amicizia con lo scrittore Giordano non gli garantirà più la serenità che lo aveva inebriato quando lo aveva conosciuto a Recanati.
L’amico Ranieri lo porterà in tutti i salotti mondani di Bologna, Roma, Napoli.
A Napoli è costretto a traslocare più volte, fino al suo ultimo soggiorno a Torre del Greco, nel 1836, dove malatissimo, dalla terrazza della villa (concessa dal loro amico Giuseppe Ferrigni) osserva, ai piedi del Vesuvio la lava e il cielo stellato recitando “La ginestra”.
Così si chiude il film, con un applauso perché l’ultima scena è veramente bella: siamo entrati in empatia con quell’uomo e ci immedesimiamo nelle sue emozioni e commozioni.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l’avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell’uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali”

Riporta la docente accompagnatrice Prof.ssa Luciana Evangelista:
“I ragazzi, dopo un silenzio provocato dall’emozione che questo film ha loro dato, mi chiedono perché non abbiano fatto vedere come è morto Leopardi.
Dico loro che il regista ha voluto chiudere così per lasciare altro all’immaginazione, dal momento che di spunti per immaginare, il film ne ha dati tantissimi.
Spiego che Leopardi è morto lì, a Napoli, e che l’amico Ranieri è riuscito a evitargli la fossa comune, dove erano sepolti i molti morti a causa del colera; che Mussolini, nel 1936, ordinò la riesumazione e la traslazione nel cimitero di Recanati, dove ora riposa in pace.
“Bel film – hanno detto i ragazzi – Un po’ lento, a volte un po’ melanconico; ma è così che Leopardi può essere immaginato e rappresentato!”

 


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