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La normalità di De André

6 aprile 2022

SCUOLA FREUD – ISTITUTO FREUD

Tecnico Tecnologico Informatico – Tecnico Economico – Liceo Economico Sociale

La normalità di De André

Prof. Alessio del Grande

 

La musica rappresenta una forma d’arte di cui non bisognerebbe mai scrivere di qualcosa per cui ci si sente troppo coinvolti. Si rischierebbe di cadere in un vortice tumultuoso di emozioni che non darebbero il giusto peso alle parole. Questo è il caso delle canzoni di Fabrizio De Andrè il più grande cantautore che il nostro Paese abbia mai avuto e ascoltato.  Riuscire però a trasmettere un po’ di autentiche emozioni è quello che si cercherà fare nelle prossime righe che andrete a leggere.

 

Fabrizio De André nasce e diventa uomo nella Genova della seconda metà del secolo scorso. Dividerà poi la sua vita tra Sardegna, sua seconda casa, e Milano, la sua patria lavorativa. Il suo credo, portato avanti sia  nella quotidianità sia nelle sue canzoni, si incentra tutto sul vedere il mondo come un banchetto riservato a tutti ma frequentato solo da pochi. Prostitute, transessuali, nani, malati e tutti i cosiddetti “ultimi” sono gli eroi delle sue canzoni, che da semplici comparse nella vita quotidiana vengono elevati a veri e propri protagonisti, esempi da imitare, che nel cercare di non affogare nelle scure acque che il mondo ha riservato loro riscoprono, tramite la sua musica e le sue parole, una dignità pari a quella di un re. Nel 1970, con La Buona Novella, De André dà a Gesù Cristo una dimensione umana, considerandolo il più grande rivoluzionario della storia.

 

Franziska, Marinella, Bocca di Rosa, Barbara, Suzanne sono solo alcuni i nomi delle donne che vengono citate nelle sue canzoni, figure femminili che vengono mistificate, elevate e quasi beatificate, per riscattarle da vite che le hanno viste scontrarsi con la brutalità del mondo maschilista. Ora per noi risulta, o almeno dovrebbe risultare, scontato vedere pari dignità per ognuno, a prescindere da sesso, religione o etnia. Qui parliamo di 50 anni fa: non è rivoluzionario questo? Senza pomposi discorsi o social farsi carico di trasmettere un messaggio così importante e delicato quando questo voleva venire soffocato da più parti?

 

Con De André, se avrete la voglia di ascoltarlo, e non solo di sentirlo, passerete da profonde canzoni d’amore ( Verranno a Chiederti del Nostro Amore ), a racconti poeticizzati di rapimenti (Hotel Supramonte ), ricordando stragi, come quella di Bologna (Se ti Tagliassero a Pezzetti ) o degli Indiani d’America (Fiume Sand Creek ), dove si assume il punto di vista dei vinti e non dei vincitori, dei morti e non dei vivi; ascolterete in musica capolavori come Spoon River Anthology (Non al Denaro, Non all’Amore né al Cielo ) e imparerete a passeggiare per i vicoli di Genova, conoscendo chi li viveva (Via del Campo La Città Vecchia ).

 

“Fino a diciotto anni tutti scrivono poesie; dopo, possono continuare a farlo solo due categorie di persone: i poeti e i cretini”. Lo scriveva Benedetto Croce e lo citava Fabrizio De André.

 

“Allora, io mi sono rifugiato prudentemente nella canzone che, in quanto forma d'arte mista, mi consente scappatoie non indifferenti, là dove manca l'esuberanza creativa”. Questo diceva Fabrizio De André, che odiava essere miticizzato o preso da esempio. A noi, ora, interessa soltanto capire i suoi testi e la musica come veicolo non per conformarci al punto di vista comune, ma per riflettere, apprendere, ascoltare e soprattutto rispettare cosa ci mette davanti la vita ogni giorno.

 

 

Si rimanda ai seguenti link per poter ascoltare solo alcune tra le più belle poesie messe in musica da Fabrizio De Andrè:

 


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